Davanti a me una donna di 53 anni. In lei traspare un’antica bellezza e una forza seduttiva ormai umiliata e schiacciata sotto il peso di grandi difficoltà, di sacrifici economici e privazioni che l’hanno sfinita. Le sue parole sono accompagnate da un profondo rammarico e una nostalgia rabbiosa per un passato che non tornerà più. Si rende conto di aver disprezzato e distrutto tutte le opportunità, le occasioni di gioia e di abbondanza che la vita le aveva donato.

“Ciò che più mi dispiace è non aver avuto una passione da seguire. Mi sono sempre annoiata e stancata di tutto. Ora invidio chi ce l’ha mentre io mi sento vuota e senza scopo”.

La passione è forza, è energia, è desiderio verso qualcosa o qualcuno. Ma questo cosa o qualcuno va verificato. Molti hanno una vera passione per il sacrificio, per la povertà, per la pulsione di morte, vorrebbero seguire qualcuno che hanno perso e lo fanno per amore.
Il significato che l’etimologia della parola indica è quello di sofferenza, di pena, di grande dolore (pensiamo alla passione di Cristo). E’ un’intensa e dolorosa condizione interiore che appesantisce e provoca dolore.

Così questa donna non si è mai accorta che una passione ce l’ha sempre avuta, l’ha seguita e la segue ancora: la passione per la sofferenza e le eroiche rinunce. Perché? E’ masochismo? No, è amore.
E’ fedeltà e amore verso quel padre assente, a lungo criticato che si è accorto di lei soltanto per spezzarle un sogno, una passione quand’era molto piccola. Un padre da cui ha ereditato il senso del fallimento e della rinuncia. E così ha iniziato un circolo vizioso di nuovi progetti e autosabotaggi, di momenti di entusiasmo e depressione; una routine che le è servita a togliere energia ad ogni passione che si affacciava, a sminuire ogni talento che scopriva. E la noia le è utile per non iniziare niente o per lasciare tutto incompiuto: lavori, progetti, amicizie, relazioni sentimentali. Li lascia prima lei, prima che diventino troppo importanti, prima che arrivi un successo o una gioia, prima che qualcuno o qualcosa li porti via.

La passione, quando c’è, va compresa, coltivata, costruita e trasformata in un progetto di vita che dia gioia, benessere, evoluzione.

Così per qualcuno arriva il momento di prendere atto della situazione presente e guardare indietro per riflettere sulle decisioni prese, sulle scelte fatte, sulle opportunità rifiutate. E si avverte un dolore morale e psicologico molto più forte di un dolore fisico. E’ la mente che si guarda indietro e si rende conto di ciò che ha fatto all’anima. Si può arrivare alla depressione, alla paralisi esistenziale, all’apatia.

Si può ricominciare? Da dove? E soprattutto, perché?
Ognuno può trovare la sua risposta, io vi offro la mia.

Si ricomincia accettando tutto il passato, a partire dai nostri genitori, dalla nostra famiglia, dal luogo in cui siamo nati; accettando tutto il dolore, tutto ciò che siamo stati e siamo diventati perché siamo il frutto di strade percorse, di scelte fatte in buona coscienza; accettando il presente anche se è diverso da come avremmo desiderato perché in qualche modo, l’abbiamo voluto, pensato e costruito.

E si ricomincia considerando che il tempo non è lineare, è circolare, multidimensionale e il passato possiamo portarlo qui, nel presente, rielaborarlo, dargli un altro significato e trasformarlo in un presente che diventa il seme per un nuovo futuro, un seme fatto di consapevolezza, di nuovi atteggiamenti, di sentimenti accettati, di ricordi ristrutturati, di nuove percezioni e soprattutto di comportamenti, azioni e reazioni diverse. Un futuro che inizia “qui e ora” e come una forza centripeta, prende energia per espandersi e aprire nuove strade, inizi, opportunità.

Perché il tempo è un tempo psicologico, il tempo di vedere realizzata l’unità e l’unicità di se stessi.

E si può ricominciare dopo i 50 anni, dando un nuovo senso alla vita, per amore di chi volevamo seguire nel dolore, per onorare il suo destino e distaccarcene portandolo nel nostro successo, comunque esso sia, nella nostra gioia di vivere. E andare verso una vita piena, un bene prezioso da onorare, rispettare, salvaguardare e trasmettere affinchè altri dopo di noi, possano vivere meglio di come abbiamo fatto finora.
Vivere e come vivere è una scelta, e ognuno va rispettato per quella che fa.