“𝘏𝘰 𝘭𝘢 𝘤𝘰𝘴𝘤𝘪𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘢 𝘱𝘰𝘴𝘵𝘰. 𝘏𝘰 𝘢𝘨𝘪𝘵𝘰 𝘴𝘦𝘤𝘰𝘯𝘥𝘰 𝘤𝘰𝘴𝘤𝘪𝘦𝘯𝘻𝘢. 𝘓𝘢 𝘮𝘪𝘢 𝘤𝘰𝘴𝘤𝘪𝘦𝘯𝘻𝘢 𝘦̀ 𝘱𝘶𝘭𝘪𝘵𝘢”.

Quante volte abbiamo ascoltato e pronunciato questa frase?

Ci fa sentire buoni e giusti, dalla parte della ragione e della verità, insomma innocenti.  anche se dietro la buona coscienza si celano alibi, crimini, rimozioni e infantilità.

Ma la coscienza che cos’è?  Su quale criterio si basa?  E che cos’è un criterio? Chi o cosa qualifica la validità di un criterio?

Domande complesse e prettamente filosofiche che però  fanno la differenza tra il vivere bene e il vivere in continuo conflitto con sé stessi e con gli altri,  tra il vivere la propria vita e vivere la vita altrui, eterodiretti da qualcun’altro.

Assistiamo da sempre a divisioni sociali, discriminazioni, esclusioni, giudizi, accuse, rabbie e rancori che separano, e ognuno si giustifica con la sua buona coscienza.

Neurologia, neuroscienze, religione, medicina, fisica, filosofia, psicologia la intendono in vari modi.

Secondo la psicologia, la coscienza è l’essere consapevoli – riconoscere e riflettere ciò che si è – contrapposto all’inconscio. Il criterio discriminante su cui si basa la coscienza è il bene e il male, il giusto e lo sbagliato, quindi un insieme di censure, il risultato di divieti, di morali, di indottrinamentii, di leggi inculcate fin dall’infanzia dai genitori, dai nonni, dagli insegnanti, dai sacerdoti, ecc. La voce della coscienza giudica e guida le scelte da fare.

E quando ti metti a pensare a te stesso, ti rifletti e ti giudichi in base a quella voce che è di tutti meno che la tua.

Oltre la coscienza individuale c’è la coscienza sociale e collettiva, anch’essa è il prodotto della cultura, dei valori di una società, di una civiltà, della nazione, in cui sei nato e cresciuto, dell’ambiente a cui senti di appartenere compreso il partito politico, il credo religioso e perfino calcistico.

Ci sentiamo buoni e giusti anche se dietro la buona coscienza si celano alibi, rimozioni e infantilità e si commettono i crimini più efferati.

Perché non è detto che sentirsi in buona coscienza sia emblematico di un agire etico. Può esserlo per te ma non per me o per gli altri.

Quindi il concetto di buona coscienza è relativo.

Anche un assassino può sentirsi con la coscienza buona e pulita. Anche Totò Riina aveva la sua buona coscienza. Anche i nazisti avevano la loro buona coscienza.

Anche gli antichi romani con il loro paganesimo erano in buona coscienza quando perseguitavano i cristiani.

Quando l’imperatore Costantino diede loro la legittimazione arruolandoli nel suo esercito nella battaglia di Saxa Rubra, fu poi la volta del cristianesimo a fare le guerre sante e a macchiarsi del sangue degli eretici. Erano loro stavolta dalla parte dei buoni e dei giusti.

La buona coscienza ha guidato e continua tuttora a motivare guerre sanguinarie, repressioni, genocidi come anche le azioni più generose ed eroiche.

Dentro di noi ci sono tante voci e tante coscienze. Non possiamo giustificare le nostre azioni sulla base della  buona coscienza perché essa non è libera.

La coscienza va rieducata, mettendola in discussione là dove si è generata.   Rieducare significa riconoscere, isolare e disidentificarsi  dalle voci che non sono le tue e riscoprire l’autonomia del percepire e del pensare, del riflettere.

Quindi bisogna passare ad una coscienza integrata, accogliendo tutte le voci dentro di sè, senza giudizi e senza censure. Coscienza integrata significa riconoscere che io sono nello stesso tempo vittima e carnefice, buono e cattivo, accusato e accusatore, tradito e traditore, fedele e infedele. Bisogna integrare le ombre come le chiamava Jung per non essere manipolati, per non essere sballottati da un’idea a un’altra, per smettere di essere esecutori di  reazioni  spesso indotte da quelle coscienze che hanno in mano il potere.

E’ un percorso individuale, responsabile e impegnativo. E’ in pratica l’acquisizione di una conoscenza organismica: ti accorgi, ti rendi conto delle variazioni del tuo corpo e delle emozioni mentre le vivi. Sentire nelle tue cellule quando per te è SI e quando è NO. Essere UNO con l’azione che si stai facendo.

La salute, il benessere, l’armonia e l’equilibrio nelle relazioni è solo la conseguenza di questa nuova coscienza.

Io ci sto ancora lavorando e faccio ogni tanto la verifica del mio cammino quando mi accorgo di vivere i momenti di gioia senza colpa, quando affronto i problemi e le difficoltà personali senza riversarli sugli altri, ogni volta che mi sento soddisfatta e grata per la vita che ho, quando mi permetto di vivere e di amare a modo mio in armonia con gli altri, quando sospendo il giudizio e rispetto di chi la pensa diversamente.

Ogni volta che mi accorgo di essere arrabbiata, intollerante, giudicante verso me stessa e gli altri, mi fermo e mi chiedo: “E’la voce di chi”?