Perché una persona ma anche una collettività, un popolo arriva ad accettare tutto, privazioni e soprusi, ingiustizie e umiliazioni ed è disposta perfino a morire per un’idea, una fede, senza mai verificarla, senza farsi una domanda, senza mai ribellarsi o disobbedire? 

Perché pensare, criticare, verificare, disobbedire o ribellarsi è l’espressione e l’esercizio di un istinto, quello dell’aggressività (confusa spesso con l’aggressione e la violenza) che in origine significa: fedeltà e difesa della propria identità, del proprio spazio fisico e psicologico. E non puoi essere fedele a te stesso e difenderti se questo istinto viene represso, spostato, manipolato e infine dimenticato.

Come fai a difendere qualcosa che hai dimenticato o se non sai che esiste?

Da sempre i due istinti maggiormente colpiti da giudizi, condizionamenti, manipolazioni , spostamenti e repressioni sono l’aggressività e la sessualità.

I due istinti fondamentali per la riproduzione, la difesa e la conservazione della specie che se non esercitati ed evoluti provocano le nevrosi, l’autolesionismo, la depressione, la violenza, i deliri, l’ansia di controllo, i sintomi fisici e i cambiamenti comportamentali. Istinti repressi che vengono spostati e proiettati nel sociale causando la delinquenza, la corruzione, le guerre, le sopraffazioni, lo sfruttamento.

E di questi effetti,  la psicoanalisi, la psicoterapia e la psicologia sociale ne fa continue verifiche da più di un secolo.

L’istinto è un ordine della natura e quando è impedito a raggiungere il suo oggetto originario di soddisfazione, all’ inizio si adatta accettando un sostituto. Ma se l’impedimento si ripete,  stanco e disabituato, si addormenta e alla fine viene rimosso.

Konrad Lorenz il famoso etologo, riporta nel suo libro – L’aggressività – un  esperimento fatto dallo studioso Wallace Graig.

Si voleva verificare se fosse stato possibile mutare, indirizzare, spostare  l’istinto del corteggiamento nei maschi delle tortore.

Così li privò gradualmente della femmina naturale per periodi sempre più lunghi.

Dopo un po’ di tempo, il maschio era disposto a corteggiare una colomba bianca che prima aveva ignorato.

Privato poi della colomba, fu disposto a regalare i suoi inchini ad una colomba impagliata e più tardi ancora ad uno straccio appallottolato.

Dopo settimane di isolamento indirizzò il suo corteggiamento in un angolo vuoto della sua gabbia.

Si era adattato a seguito di una privazione.

In un linguaggio biologico e  fisiologico ciò significava che dopo un’ inattività prolungata di un comportamento istintivo in questo caso – del corteggiamento –  il valore della soglia degli stimoli che lo innescano si abbassa.

Questi stimoli istintivi possono alla fine scomparire.

E nell’uomo? Sono già mutati da tempo.

Chi veramente mangia e beve ciò che fa bene al proprio corpo? Con quale criterio scegli ciò che porti a tavola e introduci nel tuo corpo? Sei veramente padrone delle tue scelte e dei tuoi pensieri o sei stato già manipolato, eterodiretto dai messaggi subliminali dai quali sei bombardato quotidianamente?

Chi veramente fa l’amore quando lo desidera il suo corpo? O invece spesso si segue un comando “di testa”?

La tua vita affettiva e sociale, i tuoi progetti, le tue ambizioni sono veramente le tue o stai seguendo indicazioni e progetti altrui?

Siamo tutti scissi da tempo, separati da quell’unità corpo-mente-anima che è l’unico criterio in base al quale fare le nostre scelte, verificare la qualità dei pensieri, delle idee e misurare gli effetti delle nostre decisioni. Abbiamo dimenticato quell’intelligenza primordiale e originale che è la percezione viscerotonica, l’unico “navigatore interno” che ci dice dove stiamo andando.

L’istinto è stato manipolato da tempo. Quello che osserviamo oggi, su scala sociale, sono solo gli effetti eclatanti che prima erano invisibili alla coscienza. Potrebbe essere recuperato e rieducato ma se trascorre troppo tempo,  si verificherà una vera e propria mutazione che renderà impossibile il recupero anche quando ce ne sarà la possibilità.

Facciamo un esempio.

E’ stato tolto l’obbligo di usare le mascherine all’aperto. Cosa fa ancora tanta  gente? Continua ad indossarla. L’adattamento a lungo accettato, la fede e la convinzione non verificata fanno dimenticare i bisogni reali del corpo, il piacere di respirare a pieni polmoni in un bosco.

Molti si stanno adattando gradualmente a tante privazioni e ben presto si dimenticheranno di come vivevano prima.

Stiamo già osservando come si stia modificando l’istinto della sessualità e come ci sia il tentativo di indirizzarla verso modalità e oggetti alternativi a quelli naturali.

Ora immaginate non solo una persona ma un’ intera società, una collettività che viene deprivata per mesi e per anni della possibilità di vivere ed esercitare i suoi istinti.

Autocensuradoci, li  trascineremo nell’inconscio e non li ricorderemo più. Non ricorderemo più il senso della libertà, del correre, del gioire, del piacere. Della condivisione, della socialità, della libera espressione delle idee. Non ricorderemo più che siamo detentori di diritti umani e civili, non sapremmo più qual è la nostra identità, nè potremo difenderla perchè non la ricorderemo più. Non avremo più la percezione di avere un nostro territorio fisico e psicologico e di doverlo e poterlo difendere.

Cambierà la percezione della realtà,  il modo di immaginare il mondo  e di trasformare la nostra vita. E’ questa la vera mutazione che stiamo vivendo.

Bisogna provocare un mutamento nella percezione della realtà e quindi della psicologia e del comportamento di una persona e di un popolo.

Ma perché un istinto deve essere represso, deve mutare?

Per salvaguardare un ordine sociale basato su principi e valori decisi da chi esercita il potere in quel momento.  E’ stato fatto nel passato e si fa oggi, facendo credere che sia necessario per salvaguardare un bene più grande.

Qualche esempio?

In passato il nazismo ha negato e represso l’identità e la dignità di un popolo con il terrore, con le minacce, i ricatti e la “morte sociale” (oltre che fisica). Giustificava i suoi crimini e i suoi metodi  per un bene più grande: la purificazione della razza e  la costruzione di un razza superiore. Ma il nazismo è stato sostenuto dalla maggioranza dei tedeschi come il fascismo dalla maggioranza degli italiani  che hanno creduto e condiviso il bene “superiore” deciso da qualcun altro. Pochi si sono chiesti e interrogati se fosse reale, giusto, prioritario e vitale anche per loro.

L’Inquisizione e secoli di cultura patriarcale hanno represso il potere femminile, hanno disconosciuto  l’intelligenza e il valore delle donne. Hanno ucciso, maltrattato, umiliato per salvaguardare un bene più grande:  l’ordine sociale,  l’equilibrio dei ruoli secondo l’ideologia politica e religiosa del momento.

L’eccidio di tante popolazioni e la cancellazione, la demonizzazione della loro cultura sono state giustificate per un bene più grande: la “civilizzazione del terzo mondo” da parte di chi si riteneva superiore e più evoluto. Così le guerre sono giustificate per liberare gli oppressi dalle dittature ed esportare i grandi valori della “democrazia”.

Alibi e menzogne che oggi sotto gli occhi di tutti, dietro le quali si celano interessi e profitti privati.

E oggi? Qual è il bene più grande che giustifica la limitazione e perfino l’abolizione dei diritti fondamentali  dell’uomo? Che giustifica ricatti ed estorsioni ? Il diritto alla salute e la sopravvivenza dell’umanità.

Quale umanità? Chi decide che cos’è la salute? Chi decide chi deve morire e chi deve vivere?  Chi decide chi deve sacrificarsi per i vantaggi o presunti tali, di molti? Chi decide cosa è giusto e cosa non lo è? Chi ha valore e chi no?

E’ il potere economico e politico del momento che decide anche quale scienza e quale punto di vista della scienza deve prevalere per avallare la sua ideologia.  Decide quale cultura affermare e quale reprimere per realizzare un progetto di società. Niente di nuovo.

Un sistema di potere di cui siamo noi i primi responsabili perché abbiamo compartecipato all’azione invisibile e manipolatoria di spostamento dei nostri istinti, dei nostri bisogni naturali primari e superiori, come quelli di essere felici, di aspirare alla gioia e all’autorealizzazione.

Ci siamo dimenticati di noi stessi, del nostro corpo, dei suoi segnali. Abbiamo svenduto la nostra “primogenitura dell’azione”, la nostra dignità, il nostro valore, il diritto di pensare e di esprimere secondo ciò che sentiamo vero per noi,  per un “piatto di lenticchie”, per vantaggi facili e immediati.

Cosi, quando arriva il momento in cui la vita e la realtà ci chiama attraverso un dolore, una difficoltà, un’ingiustizia non sappiamo più reagire. Abbiamo delegato il nostro potere di risolvere i nostri problemi a qualcun altro. Siamo diventati apatici, indolenti, rassegnati, nevrotici, schizofrenici.

Ci siamo adattati alla pigrizia dell’obbedienza.

Ma il bello è che possiamo ancora recuperare, ascoltare, rieducare i nostri istinti fondamentali. La realtà esterna può essere cambiata. Da noi.

Possiamo correggere, cambiare direzione se soltanto fossimo pronti ad ammettere di non essere felici, di essere insoddisfatti, annoiati,  limitati, condizionati, di esserci sbagliati. Se smettessimo di difendere i nostri errori.

Se smettessimo di incolpare gli altri per ciò che subiamo e iniziassimo ad assumerci la responsabilità della nostra salute senza delegarla a qualcun altro; se iniziassimo a decidere la qualità della vita affettiva e sociale che vogliamo vivere. Se fossimo pronti a pagare le conseguenze delle scelte che abbiamo fatto e delle decisioni prese per poi improntare un diverso atteggiamento verso noi stessi e gli altri.

Se soltanto ci riconoscessimo il diritto di immaginare e di costruire il futuro a modo nostro e non accettare solo quello imposto da un altro.

Se soltanto ci fermassimo un momento a respirare veramente, con tutte le cellule del nostro corpo, a camminare, a muoverci, a mangiare, a bere, a fare l’amore stando dentro l’azione con tutta la totalità del nostro essere, nella compresenza di corpo, emozione e coscienza.

Se ci fermassimo a guardare il mondo con gli occhi meravigliati di un bambino, con il cuore aperto alla gratitudine perciò che ancora abbiamo, per ciò che ancora ci resta e che va difeso: il nostro corpo come spazio dell’anima, la dignità e il valore come essere umani, come persone.