Nella mia vita, ho percorso molte strade.

Dopo tanti anni, sono giunta alla consapevolezza che tutte, a loro modo, sono state determinanti in quel momento e che tutte hanno avuto e avevano in sé, pezzi ed elementi importanti del vero.

Dopo ventisette anni di esercizio professionale come psicologa-psicoterapeuta, svolto con dedizione e amore senza aver mai avuto un reclamo per un comportamento scorretto verso un cliente;

dopo trentacinque anni di studio, di ricerca, di conoscenza, di cambiamenti, aggiornamenti, di esperienze personali e professionali, il 29 settembre 2021 ho chiesto 𝘭𝘢 𝘊𝘢𝘯𝘤𝘦𝘭𝘭𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘥𝘢𝘭𝘭’𝘖𝘳𝘥𝘪𝘯𝘦 𝘥𝘦𝘨𝘭𝘪 𝘗𝘴𝘪𝘤𝘰𝘭𝘰𝘨𝘪.

Ancora una volta, come ho fatto in passato, lascio una strada, un luogo, un amore che non danno più sorriso alla mia Anima.

I motivi della decisione sono tanti ma questi, sono fondamentali e imprescindibili e riguardano la mia visione professionale e la coscienza personale, nel rispetto di quella degli altri.

1)Da sempre ho considerato la psicoterapia come un’arte, quella di prendersi cura della parte profonda di se stessi, dell’anima. Quel progetto divino fatto di materia e di forma, che sottostà a leggi biologiche e nello stesso tempo spirituali, soggettive ma anche universali che non possono essere sistematizzate o medicalizzate.

Ho amato la psicologia intesa come lo studio dell’essere nell’uomo e la psicoterapia come il modo per prendersi cura e aver riguardo di questa parte profonda che se conosciuta e seguita, dà la direzione per una vita realizzata.
E se questa è un’arte, così intesa da grandi studiosi, ricercatori e saggi di ogni tempo, io non posso più identificarla o circoscriverla in 𝘱𝘳𝘰𝘧𝘦𝘴𝘴𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘴𝘢𝘯𝘪𝘵𝘢𝘳𝘪𝘢.  Un riconoscimento istituzionale avvenuto con il Decreto Lorenzin nel 1996, auspicato da molti che di fatto ha disatteso molte aspettative e opportunità di lavoro. I vantaggi proclamati sono stati, secondo me, “cavalli di troia” su cui costruire le trappole e i limiti di una professione che per oggetto di studio,  criteri e metodi  ha molte differenze dalla sanità.

2) Riconoscendo le conquiste mediche e scientifiche e i grandi meriti delle vere vaccinazioni, ritengo grave per la nostra professione aver accettato e imposto come  pre-requisito per l’esercizio professionale-  che nella sua essenza è introspezione e dialogo – l’adesione obbligatoria ad una campagna di “sperimentazione”, senza peraltro essere stata confutata da un vero e libero confronto scientifico. Il rilascio del certificato verde diventa il criterio discriminante che di fatto sostituisce e annulla gli studi, le ricerche, le esperienze, le competenze e soprattutto la dignità umana. E’ per me 𝘶𝘯𝘢 𝘱𝘢𝘭𝘦𝘴𝘦 𝘦 𝘤𝘰𝘯𝘧𝘦𝘳𝘮𝘢𝘵𝘢 𝘢𝘻𝘪𝘰𝘯𝘦 𝘳𝘪𝘤𝘢𝘵𝘵𝘢𝘵𝘰𝘳𝘪𝘢, sia per chi offre l’aiuto e sia per chi lo chiede e al quale 𝘯𝘰𝘯 intendo 𝘴𝘰𝘵𝘵𝘰𝘴𝘵𝘢𝘳𝘦.

3) Ultimamente, vedo saltate anche all’interno della comunità professionale le regole di buona educazione, di rispetto, di ascolto di coloro che la pensano diversamente.
Osservo con sgomento tanti colleghi intimoriti e intimiditi dall’affermare il proprio dissenso o di esporre un pensiero divergente da quello comune. Avverto la paura dei procedimenti disciplinari, delle radiazioni e delle sospensioni. E se sono dispiaciuta per il comportamento comune di accettazione acritica e passiva di fronte a ciò che sta accadendo dentro e fuori la comunità professionale, sono invece preoccupata quando non si riesce o non si vuole vedere niente di tutto ciò.

4) Noto con tristezza, la supremazia del “politically correct”, la violenza di una censura comunicativa che ostacola e sanziona chi tenta di aprire un dialogo, un confronto, una collaborazione con chi ha conoscenze, studi, esperienze e metodi che non sono “riconosciuti o approvati” dalla cosiddetta “comunità scientifica” .
Tutto ciò mi dà la percezione di appartenere ad una categoria professionale debole e ricattabile, rappresentata e guidata da un Ordine professionale che ha smarrito la sua direzione e la sua missione.

Nel rispetto dei molti colleghi che lavorano con onestà e dedizione, credo che 𝘭𝘢 𝘗𝘴𝘪𝘤𝘰𝘭𝘰𝘨𝘪𝘢 𝘤𝘰𝘴𝘪 𝘤𝘰𝘮𝘦 𝘳𝘢𝘱𝘱𝘳𝘦𝘴𝘦𝘯𝘵𝘢𝘵𝘢 𝘢𝘣𝘣𝘪𝘢 𝘣𝘪𝘴𝘰𝘨𝘯𝘰 𝘥𝘪 𝘤𝘶𝘳𝘢𝘳𝘦 𝘴𝘦 𝘴𝘵𝘦𝘴𝘴𝘢.

La mia è stata una decisione travagliata, soppesata, ripensata e rimandata più volte. Perché amo e ho amato questa professione ma riconosco altresì che io non sono la professione che svolgo, non ho bisogno di  sono identificarmi in una categoria, né in una scuola nè in un metodo. Sono “altro” dal nome che mi hanno dato, dalle etichette che mi hanno affibbiato, so𝘯𝘰 𝘶𝘯𝘢 𝘗𝘦𝘳𝘴𝘰𝘯𝘢 𝘤𝘩𝘦 𝘴𝘤𝘦𝘨𝘭𝘪𝘦 𝘱𝘦𝘳 𝘴𝘦 𝘴𝘵𝘦𝘴𝘴𝘢.

Perché non posso “guardare solo al mio orticello” e far finta che tutto ciò che sta accadendo a livello sociale e politico non mi riguardi.
Perché non posso accogliere o aiutare un altro in base al possesso o meno di un pezzo di carta verde.
Perché non posso attendere il 31 dicembre “e vedremo cosa accadrà”.
Perché questo dopo, si porterà dietro tutto ciò che sono stata prima, i miei atteggiamenti, le mie scelte, i miei silenzi.

Se la Psicologia e la Psicoterapia sono un servizio umanistico, sociale e spirituale che presuppone il non giudizio, l’accoglienza dell’altro con tutto ciò che porta, se favorisce la conoscenza e l’accettazione di se stessi, se migliora le relazioni attraverso la comprensione della diversità, se offre l’occasione per liberarsi dai condizionamenti, dalle fedeltà ad una storia passata che rende la vita triste e limitata, da paure che limitano la vita, se è tutto questo e molto altro, allora io in primis, in quanto professionista dell’aiuto non posso cedere alla paura dell’esclusione, alla manipolazione, al ricatto, alla limitazione della libertà. Non posso per primo discriminare, giudicare, sentenziare o escludere.

Superata la soglia dei sessan’anni, mi ritrovo con un grande bagaglio di esperienze di vita personale e professionale, di vissuti, di conoscenze, di incontri, di percorsi molti dei quali si sono conclusi e altri si apriranno.

Nessuno mi porterà via ciò che sono e che sono diventata. Esco soltanto da un Sistema ormai chiuso e limitato nel quale non sento più il Respiro della Vita.

Avverto il desiderio e anche un po’ il compito di aprire e di condividere con gli altri, e in particolare con le donne, un po’ della mia conoscenza e della mia esperienza sulle relazioni, sull’amore, sul lavoro, sulla salute, sul successo, sulla vita, su come ascoltare il proprio cuore e la propria anima che parlano continuamente attraverso l’insoddisfazione, la tristezza, il dolore, ma anche attraverso la Gioia.

Indirizzerò la mia energia e la mia psickè a servizio dell’intelligenza femminile, al servizio delle donne affinchè prendano coscienza di essere un luogo e un momento provvidenziale dello spirito nel mondo, con il loro valore, con il loro modo, con la loro forza, con la bellezza che scaturisce dalla dignità.

Un servizio di crescita e consapevolezza, di aggiornamento e formazione aperto a tutte e a tutti, senza discriminazioni, senza contrapposizioni, nè divisioni o limiti. Per tutti coloro che sono stanchi di guardare al passato, al dolore, alla paura ma che hanno sete di futuro.

Continuo a camminare con il mio passo, con amore, leggerezza e una rinnovata libertà.

Dott.ssa Maria Giulia Minichetti

P. S. L’Ordine professionale si prende circa due mesi per deliberare. Per me era un dovere professionale e un obbligo morale comunicare subito questa decisione a quanti mi seguono; a tutti coloro che si avvalgono e si sono avvalsi del mio servizio, a chi vorrà rivolgersi a me in futuro. Con tutti gli altri, mi riserverò di comunicarlo di persona.