Così molte donne stanno zitte e preferiscono non rivelare le motivazioni di questa scelta perchè sentono che non sarebbero comprese e quando lo fanno ricevono sguardi sorpresi, scandalizzati perfino.

Vengono criticate, giudicate, etichettate come egoiste, insensibili, strane, problematiche. E ciò che osservo è che le peggiori critiche arrivano dalle altre donne

Il valore di una donna non è necessariamente legato al diventare madre.  Almeno non lo è per tutte.

La maternità non è solo un fatto biologico. Si può vivere la maternità in altri modi: generando idee, progetti, dando vita ad attività, aiutando le persone a rinascere dopo un dolore, a far fiorire talenti e creatività. Prendendosi cura degli animali, dei bambini degli altri, degli anziani, del prossimo.  Mettere al mondo dei figli, non è per tutte il progetto prioritario della vita o un elemento indispensabile per  sentirsi realizzate.

Molte donne scelgono di diventare mamme per un grande desiderio di amare, per un atto di generosità verso la vita, come espressione profonda del grande amore che provano verso il proprio compagno. Altre lo diventano perché è capitato, perché pensano che il matrimonio o un rapporto di coppia senza figli non abbia senso, perché  sono convinte che questo sia il vero il compito di una donna.

Ci sono donne che lo desiderano e non possono diventare madri per tanti problemi: biologici, economici, psicologici, ecc. Alcune l’accettano e si dedicano ad altri progetti, altre cercano la maternità in modo ossessivo perché si sentono incomplete come se mancasse una parte importante della loro identità. Altre diventano madri single, perché un figlio dà un significato alla loro vita.

Ci sono donne che scelgono liberamente di non diventare mamme, e  anche se sono felici e soddisfatte, si scontrano con il mito della maternità, con la sacralizzazione della figura materna. Vengono criticate, giudicate, etichettate come egoiste, insensibili, anormali, problematiche. E ciò che osservo è che le peggiori critiche sono proprio le altre donne.

Alcune coraggiose confessano: se tornassero indietro i figli non li farebbero perché è cambiata la loro vita, perché sono state costrette a rinunciare ai loro progetti, a reprimere e accantonare i desideri, perché la maternità le ha schiacciate, le ha costrette a subire condizionamenti e dipendenze dai compagni. Poi però si giustificano per questi pensieri dicendo: “Ma ora che ce l’ho, dottoressa, Io amo tanto mio figlio, è la ragione della mia vita!”.

Certamente è così. Il figlio è una benedizione,  è un atto d’amore verso la vita, può aiutare a diventare persone migliori.  Ma sappiamo anche che un rapporto d’amore complicato o irrisolto con la madre è il motivo principale di malesseri, frustrazioni, problemi affettivi ed esistenziali. E che non basta partorire per essere una madre capace di accogliere, nutrire e proteggere, né qualifica automaticamente una donna come superiore alle altre.

Allora rispettiamo tutte le madri così come sono e nel modo in cui lo sono diventate. Ma rispettiamo anche le donne che scelgono di non avere figli biologici. Anche loro, in modo diverso, possono essere collaboratrici della Vita.