Ci sono persone che nonostante le cure e le molte terapie non guariscono, non riescono proprio a migliorare. Che si tratti di relazioni conflittuali, di situazioni esistenziali difficili o di sintomi fisici è la stessa cosa: si ritengono sfortunate, casi unici, incomprese.
Queste persone vivono in modo quasi eroico la loro condizione e mettono in difficoltà chi vuole aiutarli facendoli sentire incompetenti, inutili, impotenti, stupidi.

Medici, psicologici, terapeuti, professionisti dell’aiuto si danno da fare, mettono in campo tutte le loro competenze, la loro esperienza in una forma di “accanimento terapeutico o psicoterapeutico” ma niente, l’altro sta sempre male, si lamenta, non funziona niente. Perché?
Anche se è vero che esistono terapie più o meno efficaci, e professionisti più o meno bravi, la chiave della soluzione ce l’ha sempre la persona: è una scelta personale, responsabile e profonda di un’anima che dice si o no alla vita.

Stare bene significa scegliere la vita, la salute, l’armonia. Significa fare scelte a volte difficili, darsi nuove opportunità, esporsi ai rischi di essere criticati, esclusi, non amati, di rimanere soli.
Molti non ce la fanno e per non correre questi pericoli boicottano il cambiamento e anche la terapia, qualunque essa sia.

Dentro di sé, ognuno sa che non vuole cambiare, che è troppo difficile e complicato, che non è pronto a viverne le conseguenze; forse sta ancora bene dove sta, non è ancora arrivato al limite della sofferenza, ancora ha dei vantaggi nella vita che “sopporta”.
Basta riconoscerlo e non incolpare gli altri. Già questo cambio di atteggiamento porta con sé più serenità e armonia.

Ma è importante che il professionista dell’aiuto e chi vuole sostenere un familiare, riconosca questo momento, questa scelta dell’altro e si fermi, si faccia da parte, dicendo anche: “Non posso più fare niente per te”. E rinunciare a “curare o voler guarire” con arroganza, con superbia.

A volte avvengono piccoli miracoli. La persona si sveglia, vede finalmente il proprio atteggiamento, le pigrizie, le paure, le comodità, le pretese, ma anche le proprie risorse, il coraggio, la forza, la voglia di una nuova vita. E può emergere il sentimento sopito del desiderare: lo avverte, lo percepisce. E scatta la scelta, sente la voce che dice finalmente: SI. Lo voglio.

Nel “non posso più fare niente per te”, c’è un amore verso la forza dell’altro, un amore per la sua anima e il suo destino, qualunque esso sia.